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Torino, gli orrori della casa del crack via Urbino: studentesse si prostituivano in cambio di dose

Nell'inchiesta sui festini a base di droga in un appartamento a Torino sono stati assolti i due presunti complici della trans gestrice della casa, già condannata in abbreviato 

Ha fatto discutere la casa del crack di Torino individuata in via Urbino, nel quartiere Aurora, dove molte donne si prostituivano in cambio di dosi. La vicenda era emersa nel 2021, dopo la denuncia di alcune tossicodipendenti  che aveva portato i carabinieri a indagare su festini a base di sostanze stupefacenti. I primi accertamenti erano nati dopo che una studentessa universitaria si era rivolta ai carabinieri di Settimo, già nel periodo iniziale del Covid. La Repubblica ha riportato la sua testimonianza in Aula “Studiavo psicologia e per pagarmi il crack mi prostituivo - ha spiegato - facevo uso di stupefacenti. Li assumo ancora. Il crack è così. Pensi solo a quello e ne vuoi sempre di più. Se mi dicevano fai quello, io per il crack facevo quello. Anche per 5 euro”.

"Quando fumo crack ne voglio sempre di più"

La sua testimonianza è proseguita: “Non mi piace prostituirmi. Non mi piace l’atto sessuale, ma quando fumo il crack ne voglio sempre di più. E se non ne ho, se non me lo danno subito, perdo l’embolo. Per questo lo faccio. A quelle feste ci sarei andata comunque, perché per il crack faccio qualsiasi cosa”. La studentessa ha poi spiegato che Monique, la transessuale condannata con rito abbreviato a 2 anni e 8 mesi di reclusione e 3mila euro di multa per sfruttamento della prostituzione - che la "invitava a feste dove mi offrivano da fumare e io andavo. Altre volte arrivavo io col mio cliente. Anche Monique partecipava ai festini, facendo uso di crack”. Poi ha aggiunto: “I clienti chiamavano, venivano e avevano rapporti con tutti, Monique o anche io, o altre. Pagavano il crack e basta. Si mettevano lì e fumavano. Il crack purtroppo ti porta a volerne sempre di più”.

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Assolti i presunti complici di Monique

La ragazza ha anche dichiato che sta affrontando un percorso di disintossicazione, “ma sono solo all’inizio. Dovrei andare in psichiatria. Non ci sono ancora andata. Ho la stessa testa di allora, l’ho sempre avuta”. Intanto, ieri si è chiuso il dibattimento sui due presunti complici del trans che gestiva la casa. Entrambi sono stati  assolti su richiesta delle avvocate Stefania Agagliate, Silvia Bregliano e Flavia Pivano. I due spacciatori che rifornivano la casa avevano patteggiato sempre ad aprile pene a oltre un anno di reclusione. A uno erano state contestate oltre 108 cessioni di droga. 

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