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Parkinson, rischio più alto con cibo ultraprocessato e smog: lo studio

Uno studio compiuto da diversi centri di ricerca italiani ha dimostrato che esiste una correlazione tra l’elevato tasso di inquinamento dell’aria e la possibilità di sviluppare la malattia 

È stato rilevato che elevati livelli di microparticolato Pm10, polveri fini inquinanti presenti nell'aria che respiriamo, rischiano di portare un aumento delle possibilità di sviluppare la malattia di Parkinson. Questo è ciò che è stato evidenziato da un recente studio coordinato dall'Unità di ricerca Epidemiologia e Prevenzione in collaborazione con l'Unità di ricerca Neurofisiopatologia clinica dell'Irccs Neuromed di Pozzilli (Isernia), l'università Lum Giuseppe Degennaro, l'università dell'Insubria, l'università Sapienza e Inail, Cira, Dep Lazio e Asrem. Pubblicata sulla rivista internazionale 'npj Parkinson's Disease', la ricerca si basa sull'analisi di un ampio campione della popolazione italiana e apre nuove prospettive sulla prevenzione di malattie neurodegenerative.

La ricerca

Gli esperti hanno utilizzato i dati del progetto epidemiologico Moli-sani, che da 20 anni segue circa 25mila adulti residenti in Molise. Di queste persone - si legge in una nota - è stata valutata l'esposizione ad alcuni inquinanti ambientali, in particolare le Pm10, particelle inferiori a 10 millesimi di millimetro (µm) presenti nell'aria, che possono penetrare nelle vie respiratorie e venire assorbite dall'organismo. Partendo dai dati forniti dall'Agenzia regionale per la protezione ambientale del Molise (Arpa Molise) provenienti da 14 stazioni di monitoraggio, è stato possibile impiegare modelli geostatistici per ricostruire un quadro dettagliato dell'ambiente in cui ciascun partecipante ha vissuto nel corso degli anni. Queste informazioni sono state quindi incrociate con la comparsa di casi di Parkinson. 

Le parole del professor Alessandro Gialluisi

"Abbiamo osservato - spiega il professore associato di Statistica medica presso l'università Lum e ricercatore dell'Unità di Epidemiologia e Prevenzione dell'Irccs Neuromed, Alessandro Gialluisi, nonché primo autore del lavoro scientifico - che un incremento dei livelli di Pm10 nell'aria si associa a un notevole aumento del rischio di sviluppare il Parkinson. Questa associazione, osservata in soggetti che in partenza erano liberi da patologie neurologiche, appare indipendente da una serie di altri fattori di rischio che includono l'età, il sesso, altre patologie prevalenti e fattori occupazionali". Questo dato, ottenuto in una popolazione italiana e con un lungo periodo di osservazione, supporta l'ipotesi di un ruolo centrale delle polveri sottili nell’incrementare il rischio di malattia. "Un dettaglio interessante dello studio - prosegue Gialluisi - riguarda la lipoproteina (a), una molecola già nota per il suo ruolo nel rischio cardiovascolare e nel trasporto del colesterolo, che interagisce con l'alfa-sinucleina. Questa proteina è risultata infatti un possibile mediatore della relazione tra Pm10 e rischio di Parkinson, spiegandone una piccola, ma significativa parte. Naturalmente saranno necessari ulteriori studi per chiarire a fondo il suo ruolo".

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