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Automotive, lo studio: mercato europeo in declino almeno fino al 2030

Nuova ricerca condotta da ANIASA e Bain & Company sul settore delle auto: dopo decenni di espansione, il comparto è entrato ufficialmente in una fase di stagnazione prolungata. In Italia l’usato batte il nuovo e le emissioni di CO₂ restano sopra i livelli del 2015. Dalla ricerca emerge che i marchi tedeschi sono quelli più a rischio con i dazi Usa

Il settore automotive è entrato ufficialmente in una fase di stagnazione prolungata e in Italia si riducono gli acquisti di nuove auto, aumenta il ricorso all’usato, e l’elettrico non sfonda. Sono queste le principali evidenze del nuovo studio condotto da ANIASA e Bain & Company “Navigare nella nebbia. Il futuro incerto dell’automotive”, l’indagine annuale sull’evoluzione del mercato dell’auto e sulla mobilità degli italiani presentata oggi nel corso di un evento a Milano, che rivela anche che in Italia, nonostante il forte calo del diesel, le emissioni medie di CO₂ restano superiori a quelle del 2015.

I risultati della ricerca

Nel dettaglio il mercato dell'automotive dopo un periodo di sviluppo prolungato (dal 2001 al 2017, con un tasso di crescita annuo composto del +3,3%),  si è assestato su livelli stabilmente inferiori rispetto al passato. A partire dal 2019, mentre il PIL mondiale ha iniziato una lenta ma costante ripresa, la produzione di veicoli ha subito un declino marcato e duraturo, consolidato da fattori come la carenza globale di semiconduttori e le forti tensioni sulle catene logistiche internazionali. Le proiezioni al 2030 indicano un tasso di crescita mondiale di appena +0,2%.

Le geografie della domanda: Cina ristagna, cresce Asia meridionale

 Se nel periodo 2001-2017 l’Asia (e in particolare la Cina) ha guidato la crescita globale del settore auto, oggi lo scenario è cambiato: per il periodo 2017-2030, si prevede una sostanziale stagnazione in Cina (+0,3%) e un declino nei mercati maturi come Europa (-0,6%), Nord America (-0,4%), Giappone e Corea (-1,2%). Al contrario, emergono nuove aree di potenziale espansione come l’Asia meridionale (+2,7% di CAGR) e il Sud America (+1,5%), grazie all’urbanizzazione crescente e al miglioramento delle condizioni economiche locali.

Rallenta la domanda

Secondo le stime, entro il 2028 l’Europa accumulerà un divario di circa 15 milioni di veicoli rispetto alle previsioni fatte nel 2022. Il Nord America segue un trend analogo, con uno scarto negativo di 7,5 milioni di unità. Queste cifre testimoniano un rallentamento strutturale della domanda che rischia di compromettere la sostenibilità di molti costruttori, specialmente quelli con maggiore esposizione su questi mercati.

E i dazi?

Le Case tedesche sono tra le più esposte all'uso aggressivo dei dazi, con circa metà dei propri volumi a rischio: devono affrontare contemporaneamente la stagnazione in Europa, la perdita di slancio in Cina e le barriere doganali imposte dagli Stati Uniti. Per i costruttori giapponesi e coreani, il problema riguarda soprattutto il mercato americano, dove sono fortemente presenti, ma vulnerabili ai dazi. Gli Stati Uniti stanno tentando di recuperare terreno industriale, dopo un declino decennale della manifattura.

Tra il 1947 e il 2023, l’occupazione manifatturiera è crollata dal 30% all’8% della forza lavoro, mentre il contributo della manifattura al PIL è sceso dal 25% al 10%. In parallelo, la Cina ha assunto un ruolo dominante nella produzione globale, controllando oltre la metà della produzione mondiale di acciaio e di navi nel 2023.

Il grande squilibrio delle importazioni

Nel 2024, gli Stati Uniti sono il primo mercato importatore di veicoli leggeri, con circa 5 milioni di unità, il 23% del loro fabbisogno interno. Seguono l’Europa (oltre 4 milioni) e il Medio Oriente. Di contro, Cina e Giappone sono quasi completamente autosufficienti. Le importazioni americane provengono in gran parte da marchi asiatici – in particolare Toyota, Hyundai e Kia – mentre le Case cinesi sono praticamente assenti, rendendo i dazi contro la Cina poco impattanti per il settore auto. Le marche più colpite dai dazi potrebbero essere quelle giapponesi e coreane, che hanno una quota importante delle vendite globali realizzate negli Stati Uniti. Tuttavia, molte delle case asiatiche hanno già localizzato parte della produzione negli USA, attenuando l’effetto delle barriere commerciali.

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Italia: l’auto resta centrale, ma non si compra più

Secondo l'indagine ANIASA – Bain & Company sulle abitudini di mobilità, in Italiac 'è un deciso ritorno all’uso dell’auto privata come mezzo principale per gli spostamenti. Tuttavia, questo non si traduce in un aumento delle vendite di nuove vetture, ma in una crescita dell’usato, a testimonianza del disorientamento causato da normative complesse e prezzi in continuo aumento.

Il parco circolante invecchia

L’effetto diretto è un parco circolante che invecchia rapidamente. Il prezzo resta il fattore discriminante, tanto da rappresentare il primo motivo (35%) per l’acquisto di modelli cinesi o asiatici. Nel primo trimestre del 2025 le ibride raggiungono il 50% del mercato, mentre le BEV restano ferme al 5%, soprattutto tra i privati e nel Mezzogiorno, con una penetrazione reale sotto il 5%. L’auto elettrica mostra timidi segnali di ripresa, ma il trend positivo riguarda solo le compatte, mentre le vetture di fascia alta restano stagnanti. La sostituzione del Diesel, ormai quasi scomparso, non ha prodotto benefici sulle emissioni medie di CO₂, che rimangono oltre i 115 g/km, superiori anche ai livelli del 2015. A livello europeo, la diffusione delle BEV resta piatta da oltre tre anni, nonostante l’incremento della rete di ricarica. Il mercato risponde alla pressione normativa non con l’elettrico, ma con le ibride, segno di una transizione ancora fragile e guidata più dall’offerta che da una domanda realmente convinta.

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