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USa, la Fed lascia i tassi fermi: 'Dazi aumentano rischi per economia'

Il timore della banca centrale americana è che le tariffe possano scatenare nuove pressioni inflazionistiche. Powell mantiene una posizione attendista prima di decidere su come procedere, a dispetto delle pressioni del presidente Trump per un taglio "subito"

Per la terza volta consecutiva, la Federal Reserve sceglie di lasciare invariati i tassi di interesse, segnalando preoccupazioni crescenti sullo stato dell'economia. A pesare sulla decisione è anche il timore che le politiche tariffarie promosse da Donald Trump possano alimentare l'inflazione e frenare la crescita economica. Nonostante le insistenze del presidente americano per un immediato taglio dei tassi, l'istituto centrale preferisce adottare un approccio prudente prima di intraprendere nuove mosse. Il costo del denaro resta così fermo in una forchetta fra il 4,25% e il 4,5%, livello raggiunto nel dicembre 2024 dopo una serie di riduzioni. La Fed "può essere paziente. "Siamo in una buona posizione per attendere maggiore chiarezza prima di decidere aggiustamenti della nostra politica. Non penso che dobbiamo avere fretta" sui tassi, sottolinea il presidente Jerome Powell.

"Aumentato anche il rischio disoccupazione"

"L'incertezza sulle prospettive economiche è ulteriormente aumentata" e la Fed ritiene che "i rischi di un'inflazione e di una disoccupazione più elevate siano aumentati", si legge nel comunicato diffuso al termine della due giorni di riunione, la prima da quando Donald Trump ha annunciato i dazi reciproci durante il "giorno della liberazione". Da allora il presidente ha concesso una pausa di 90 giorni per cercare di raggiungere accordi commerciali. Le trattative procedono con 17-18 partner commerciali, riferiscono da giorni dall'amministrazione Trump, ma finora nessun accordo è stato raggiunto. Con la Cina il negoziato deve ancora iniziare: l'appuntamento per Washington e Pechino è in Svizzera nel fine settimana per provare a lanciare un dialogo che consenta di sventare una guerra commerciale. Pur mostrandosi pronto a trattare, Trump non si è detto comunque disposto a tagliare i dazi alla Cina, attualmente al 145%, per sbloccare le trattative.

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Per la Fed la spinta inflazionistica destinata a durare

Le tariffe - secondo la maggioranza degli osservatori - faranno salire i prezzi e il nodo per la Fed è stabilire se si tratta di rialzi transitori o permanenti. In marzo Jerome Powell era apparso più propenso a parlare di effetti temporanei ma dopo l'annuncio del 2 aprile il suo tono è cambiato, lasciando intravedere come l'attenzione della Fed è più concentrata sul rischio che le pressioni inflazionistiche siano destinate a durare e non svaniscano rapidamente. "Anche se le oscillazioni delle esportazioni nette hanno influenzato i dati, i recenti indicatori suggeriscono che l'attività economica ha continuato a espandersi a un ritmo sostenuto", spiega la Fed osservando come il tasso di disoccupazione si è stabilizzato "negli ultimi mesi a un livello basso e le condizioni del mercato del lavoro restano solide. L'inflazione resta piuttosto elevata". La banca centrale "è obbligata a mantenere le aspettative di inflazione ancorata", precisa Powell. Con i dazi in grado di riaccendere la galoppata dei prezzi in modo permanente, per la Fed l'asticella per ridurre il costo del denaro si è alzata rispetto a gennaio. La banca centrale ha segnalato chiaramente che non inizierà a tagliare i tassi in modo proattivo come fatto in passato di fronte alle prospettive di un indebolimento dell'economia. E questo perché con i dazi i rischi legati all'inflazione sono più alti. 

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Powell: "Attendere maggiore chiarezza prima di fare aggiustamenti"

La Fed probabilmente attenderà indicazioni e segnali più precisi dai dati economici ma attendere che i trend siano catturati dalle rivelazioni la espone al pericolo di un'azione tardiva e di una corsa al ribasso successiva. Nonostante la cautela della Fed, gli analisti continuano a prevedere che la banca centrale americana taglierà i tassi tre volte quest'anno, a partire probabilmente dal prossimo mese. La politica economica di Trump fatta di dazi, tagli alla spesa e deportazioni rischia non solo di alimentare l'inflazione ma anche di danneggiare la crescita, una combinazione che indica la possibilità di una stagflazione, uno degli scenari peggiori per una banca centrale. "Al momento - mette in evidenza Powell - siamo ben posizionati per attendere maggiore chiarezza prima di considerare aggiustamenti della nostra politica". 

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