Una multa compresa tra 300 milioni e 20 miliardi di euro. È quanto rischia di pagare Unicredit “in caso di inadempimento o violazione delle prescrizioni imposte dal decreto” del governo sull’offerta di acquisizione di Banco Bpm.
A rivelarlo è il Dpcm firmato dalla premier Giorgia Meloni e dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, come riportato da Repubblica, che ha potuto visionare il documento. Il provvedimento, pur già notificato alla banca, non è stato ancora discusso in Consiglio dei ministri, e la sua applicazione concreta potrebbe dipendere anche dall’esito del dialogo tra le parti. Il testo esercita il golden power, lo strumento che consente allo Stato di intervenire in operazioni considerate strategiche, imponendo condizioni stringenti.
Il Dpcm richiama la normativa del 2012 sul golden power e stabilisce che la sanzione amministrativa può arrivare “fino al doppio del valore dell’operazione”, valutata in oltre 10 miliardi, e non sarà inferiore all’1% del fatturato cumulato dell’ultimo esercizio approvato. Considerando che i ricavi 2024 di Unicredit e Banco Bpm ammontano a circa 30 miliardi, la sanzione minima sarebbe pari a 300 milioni. Ma una fonte di governo ha precisato che “il valore esatto non è stato quantificato ex ante”, lasciando intendere una certa flessibilità nell’applicazione.
Il Dpcm, nelle prime considerazioni, ricostruisce il contesto alla base delle prescrizioni imposte all’operazione. Il documento mette in luce, in modo favorevole, la natura di Banco Bpm, evidenziandone la “vocazione prevalentemente retail” e il ruolo nella raccolta del risparmio e nell’erogazione del credito del gruppo Banco Bpm. Di contro, le critiche sono rivolte a Unicredit, che “concentrerebbe il proprio supporto creditizio in favore di grandi imprese, istituzioni finanziarie ed enti in luogo di famiglie e piccole e medie imprese”. Il Dpcm contesta inoltre al gruppo guidato da Andrea Orcel di non aver fornito i dati sul piano industriale successivo all’eventuale integrazione. Per questo, si legge, “non è stato possibile esaminare l’andamento delle politiche di raccolta e impiego che la stessa Unicredit intende adottare in caso di perfezionamento dell’operazione”.
Le osservazioni diventano più critiche nei passaggi in cui viene affrontato il rischio di una riduzione dei crediti in Italia. Il Dpcm richiama le valutazioni del ministero dell’Economia, individuato come l’amministrazione responsabile dell’istruttoria e della proposta per l’esercizio dei poteri speciali, che sottolinea come “La regolamentazione di settore e i connessi poteri attribuiti alle autorità di vigilanza non appaiono idonei a mitigare i rischi connessi ad una potenziale riduzione degli impieghi effettuati in Italia”.
Da qui la richiesta del governo di garantire “la complessiva stabilità degli impieghi di gruppo evitando possibili compensazioni tra le politiche di credito delle due banche”, tutelando un attivo definito come “strategico per la sicurezza nazionale”.
Infine, un altro punto delicato riguarda la presenza di Unicredit in Russia. Le prescrizioni prevedono la cessazione di ogni attività nel Paese entro il 18 gennaio 2026. Il timore maggiore è che, dopo l’acquisizione, Unicredit sia ancora attiva in finanziamenti transfrontalieri con clienti domiciliati in Russia. Per questo, si richiedono “misure rigorose e prudenti per evitare anche il solo minimo rischio che il risparmio raccolto da Banco Bpm sia coinvolto in operazioni a vantaggio del sistema economico e finanziario russo”. A ciò si aggiunge l’indicazione di rafforzare le “misure per le imprese interne”.
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