In realtà ce ne sarebbe uno. Josep Martinez, vice di Sommer, è cresciuto nelle giovanili catalane prima di essere acquistato dal Las Palmas nel 2017. Non ha però mai disputato una partita ufficiale nè con la prima squadra nè con quella B.
Un fenomeno quasi strano: Barcellona-Inter è stata una sfida che spesso ha messo contro il proprio passato tanti ex. Ne abbiamo scelti sei: per il loro status, per il legame con entrambi i club, per la loro storia. Chissà se anche qualcuno dei protagonisti che si fronteggeranno in questa semifinale di Champions League diventerà parte della lista...
LUIS SUAREZNo, non è l'attaccante uruguaiano che vinse la Champions nel 2015 con Messi e Neymar. È il regista della Grande Inter, acquistato proprio dal Barcellona nel 1961. Prima di Rodri, è stato l'ultimo spagnolo ad aver conquistato il Pallone d'Oro (e l'unico oltre al naturalizzato Di Stefano, argentino di nascita). Ci riuscì nel 1960, in maglia blaugrana, e sarebbe finito sul podio altre tre volte in nerazzurro. Quell'anno aveva vinto il campionato e la Coppa delle Fiere, antenata della Coppa Uefa e dell'attuale Europa League.
A Milano fu portato da Helenio Herrera, l'allenatore che lo aveva già guidato in Spagna. Diventò l'architetto di una squadra passata alla storia sia in Italia che nel mondo con tre scudetti, due Coppe dei Campioni e due Coppe Intercontinentali. Nel periodo italiano aggiunse anche l'Europeo con la Spagna nel 1964, unico titolo delle Furie Rosse prima dell'esplosione negli anni Duemila.
Leggenda narra che, grazie alla sua cessione per circa 300 milioni di lire, il Barcellona completò la costruzione del Camp Nou con un anello in più. 46 anni dopo, in veste di dirigente, avrebbe contribuito all'arrivo a Milano di un altro grande colpo di mercato, sempre da Barcellona.
RONALDOSì, il grande colpo di mercato fu proprio Luiz Nazario de Lima Ronaldo. Nell'estate del 1997 era considerato il giocatore più forte al mondo dopo una stagione da 47 gol in 49 presenze, una Coppa delle Coppe e una Coppa del Re vinte. A Massimo Moratti servirono pazienza, persuasione e soprattutto 48 miliardi di lire, cifra record per l'epoca, per strapparlo al Barcellona.
A Milano confermò quello che era emerso in Spagna: era davvero il giocatore più forte al mondo (vinse il suo primo Pallone d'Oro nel 1997). Nel suo primo anno in Italia conquistò la Coppa Uefa e segnò 34 gol in 47 gettoni. Gli anni successivi furono tormentati dai suoi terribili infortuni alle ginocchia. Il passaggio al Real Madrid nel 2002 e soprattutto il successivo trasferimento al Milan nel 2007 avvelenarono molti tifosi nerazzurri, ma il ricordo dei suoi doppi passi, delle sue finte e della sua velocità palla al piede è indimenticabile
LUIS FIGORonaldo fu comprato dal Real Madrid per alimentare il mito dei galacticos, i migliori del mondo assieme nella stessa squadra. Il ciclo era iniziato due anni prima con il clamoroso acquisto dal Barcellona di Luis Figo. Un trasferimento che fece scalpore: in cinque anni in blaugrana aveva vinto due campionati, due Coppe del Re, una Coppa delle Coppe, una Supercoppa Uefa e una Supercoppa di Spagna, diventando simbolo del club. Il passaggio agli acerrimi rivali, dopo aver giurato fedeltà eterna, non gli è mai stato perdonato dai suoi vecchi tifosi. Ogni volta che è tornato al Camp Nou è stato accolto da cori, insulti, striscioni, manifesti, bamboline gonfiabili col suo nome, lancio di oggetti. Una volta gli tirarono contro persino una testa di maiale. A bordocampo erano disposti agenti di polizia quasi in tenuta antisommossa. Addirittura in una partita col Portogallo un tifoso fece invasione per tirargli addosso una bandiera del Barcellona.
Nel 2005 Figo passò all'Inter. Il giocatore era ormai in fase calante, ma vinse da protagonista campionati e coppe nazionali. Si ritirò nel 2009, fu omaggiato a San Siro e gli venne offerto un posto come ambasciatore del club. Nella celebre semifinale del 2010 Mourinho lo volle accanto a sè in panchina: "Ci saranno 100mila persone che grideranno ‘portoghese figlio di… ', se porto Figo con me in 50mila insulteranno il sottoscritto, gli altri lui". Quella sera, seppur in altre vesti, Figo si prese una bella rivincita.
THIAGO MOTTADa prodigio a scarto, la parabola di Motta al Barcellona. Ad appena 20 anni era già uno dei centrocampisti titolari della squadra e un pilastro su cui costruire il futuro. Un futuro reso più complicato dall'infortunio ai legamenti del ginocchio destro nel settembre 2004. Al rientro non riuscì più a scalare le gerarchie e vinse la Champions del 2006 da comprimario, assistendo dalla panchina al successo contro l'Arsenal in finale.
Anche con l'Inter ha vinto la Champions senza disputare la finale, ma per squalifica. Nella semifinale di ritorno contro il Barcellona, Busquets accentuò platealmente un contatto tra la sua faccia e il braccio troppo largo dell'ex: da terra, con un occhio malandrino, controllò che l'arbitro tirasse fuori il secondo giallo per l'interista. Sembrava l'inizio della fine, diventò invece l'inizio di una resistenza d'altri tempi. Inter in finale e Motta campione d'Europa. Un riscatto enorme per un giocatore che lasciò la Catalogna nel 2007 e che nel 2008 era rimasto senza contratto dopo una serie infinita di infortuni.
SAMUEL ETO'ODa un triplete all'altro. Da quello col Barcellona nel 2009 a quello con l'Inter l'anno dopo. L'attaccante camerunense, già protagonista della Champions vinta nel 2006 con gol in finale, era stato inizialmente messo alla porta dal nuovo allenatore Guardiola nell'estate del 2008. Invece resta, gli fa cambiare idea e arriva a segnare un'altra rete in un'altra finale di Champions vinta, a Roma contro il Manchester United. A Guardiola però balenava ancora in mente l'idea di un centravanti diverso e nell'estate del 2009 è tra i promotori del famoso scambio che porta Eto'o e tanti soldi all'Inter in cambio di Zlatan Ibrahimovic.
Sembrò un ridimensionamento per il club nerazzurro, invece la qualità e l'esperienza di Eto'o furono la chiave per il salto di qualità in Europa atteso da anni. Leader carismatico e arma tattica a sinistra nel 4-2-3-1 di Mourinho, fu protagonista di due grandi stagioni in nerazzurro con 6 titoli e 53 gol.
ZLATAN IBRAHIMOVICTante storie si incrociarono in quella semifinale del 2010. Eto'o, Mourinho, Motta, Maxwell e chiaramente Ibra. Lo svedese era stato il trascinatore del ritorno alla vittoria dell'Inter in Italia, protagonista dei campionati vinti dal 2007 al 2009. L'ultima stagione però, nonostante la vittoria del titolo di capocannoniere in Serie A, vide una serie di segnali di scollamento con l'ambiente, i famosi mal di pancia. In estate iniziò il ritiro con l'Inter, ma spinse per andare a Barcellona e consacrarsi così a livello internazionale.
La Champions però non arrivò, anzi, venne vinta dalla sua ex squadra con lo smacco dell'eliminazione. In quella doppia sfida, più che per le gesta in campo, viene ricordato per la foto tra i due allenatori Guardiola e Mourinho. Il secondo cercava di instillare dubbi e panico negli avversari, il primo gli impartiva nozioni tattiche. Il rapporto con Guardiola non decollò mai e Ibrahimovic dopo un anno decise di tornare in Italia per la gioia di tutti. Il Barcellona vinse un'altra Champions, Zlatan riportò il Milan alla vittoria in Serie A e visse l'apice della sua carriera nel nuovo biennio a Milano e negli anni in Francia al PSG.
GLI ALLENATORICoincidenza vuole che l'Inter abbia vinto la Champions solo con allenatori stranieri, iberici per la precisione. Lo spagnolo Herrera e il portoghese Mourinho. Il primo si trasferì proprio dal Barcellona all'Inter nell'estate 1960. Nel complesso delle due esperienze ha vinto 7 titoli nazionali e 5 internazionali, 5 con il Barcellona e 7 con l'Inter.
Josè Mourinho non ha mai allenato il Barcellona, ma proprio in blaugrana ha iniziato ad accumulare conoscenze ed esperienze negli staff di Bryan Robson e Louis van Gaal. Successivamente il Barcellona è diventato il più grande antagonista nella carriera del portoghese: oltre alla semifinale del 2010 con l'Inter, negli anni precedenti le polemiche avevano caratterizzato anche le sfide tra il suo Chelsea e la squadra di Rijkaard. La rivalità esplose poi definitivamente negli anni in cui Mourinho fu l'allenatore del Real Madrid e ogni Clasico assumeva contorni epici.
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