Da Collina a Rizzoli, da Concetto Lo Bello a Orsato, dalla giacchetta nera (e non per modo di dire) del “presidentissimo” Giulio Campanati a Casarin, da Braschi, Rosetti e Rocchi fino a Sozza e Ferrieri Caputi e ai “big” stranieri. Maglie originali, cartellini, cimeli vari, schede dettagliatissime e piene di foto, senza dimenticare il calcio di oggi al tempo del Var.
La mostra, curata da Daniele Tagliabue ed Enrico Mapelli e allestita nella splendida Villa Borromeo di Arcore, racconta con una ricchezza e un dettaglio mai visti la storia e le caratteristiche dell’uomo più discusso del gioco (anzi del giuoco) del calcio: l’arbitro, attraverso l’evoluzione delle divise, delle regole e della tecnologia, ma sempre con un filo che parte dal passato e lega un presente fatto purtroppo e sempre più spesso di mancanza di rispetto e violenza (vedasi la vergognosa aggressione di qualche giorno fa sul campo di una gara Under 17 in Sicilia): quello dell’umanità e dell’impegno di persone che sono state come tanti di noi dei ragazzi con il sogno di fare sport, e magari di arrivare ad essere protagonisti in un grande stadio.
E la realizzazione di quei sogni si può letteralmente toccare con mano attraverso le maglie indossate dai manichini predisposti in un allestimento di grande fascino e pregio. Quella nera con cui Pierluigi Collina diresse la finale mondiale di Yokohama nel 2002, quella elegantemente gessata dell’indimenticabile brasiliano Coelho, che raccolse e alzò l’ultimo pallone di Italia-Germania del 1982, e tantissime altre di tutti i colori e di tutte le nazionalità, come quella “rosa neon” di Kuipers, testimone dell’ultimo successo azzurro a Euro 2020 (2021).
I valori dello sport e le esperienzeVisitando la mostra sembra quasi di entrare dentro quei sogni coltivati attraverso i valori dello sport: gli stessi che sostiene l’associazione “La passione di Yara”, intitolata alla memoria di Yara Gambirasio, a cui i visitatori (l’ingresso alla mostra – aperta fino a domenica 13 aprile - è libero) possono fare un’offerta. Quegli stessi valori evocati con emozione da Fulvio Gambirasio, il papà di Yara, nella serata di giovedì, che ha ospitato a Villa Borromeo due giganti dell’arbitraggio: Massimiliano Irrati, ex arbitro, oggi istruttore Var Fifa e unanimemente riconosciuto come il migliore Var di sempre (è stato Var della finale mondiale del 2018 e di quella di Champions diretta da Orsato nel 2020), e Renato Faverani, storico assistente, insieme ad Andrea Stefani, di Nicola Rizzoli, in una terna che ha nel palmares – tra l’altro –la finale di Champions del 2013 e quella mondiale del 2014.
Durante la serata, moderata da Lorenzo Fontani di SkySport e aperta dall’intervento della presidente del Consiglio comunale Laura Besana, Irrati e Faverani hanno raccontato la loro esperienza, l’evoluzione e le prospettive del ruolo del var e dell’assistente, rispondendo alle tante curiosità del pubblico e rivelando aneddoti divertenti ma soprattutto i segreti, i sacrifici e il grande lavoro tecnico, atletico ed emotivo che è alla base di una carriera che espone molto più facilmente a polemiche e pressioni che a successi e gioie.
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